Alessandro
Da sempre nella mia famiglia si è respirata aria d’arte.
Non quell’arte leziosa o ricercata frutto di anni di studi accademici ma l’arte vissuta sulla propria pelle sofferta e appassionata.
Devo tutto a mio padre che ha amato tanto il teatro e la pittura, uomo sempre alla ricerca di sé e della verità.
Nella trasformazione plastica del proprio corpo, dello spirito e delle forme ha cercato di rappresentare la visione del mondo che aveva vivida dentro di se.
Le sue performance teatrali e i suoi quadri sulle le pareti della casa sono state il mio pane quotidiano.
Spinto da questo profondo desiderio di espressione ho cercato dentro di me una forma, un segno originale, uno strumento che possa svelare il mondo dietro al mondo.
Sono tormentato quotidianamente dall’inadeguatezza dei nostri sensi, degli strumenti, degli oggetti e da tutto ciò che si vuole trasformare perché spesso inefficace, io stesso incapace di mostrare in maniera chiara un segno, un messaggio e ciò che è vivissimo dentro di me e rimane inespresso.
Troppo spesso lo strumento diventa preponderante, occupa spazi, si fa largo a spallate e la necessità di comunicare rimane in disparte, ne è offuscata.
I miei tentativi, le mie immagini, il mio laboratorio incompleto, è una raccolta di bozze dove cerco di recuperare un senso in cose a volte prive di senso. La rappresentazione è realtà ed ha un senso La mia rappresentazione si svolge all’interno di un sistema formale ed appartiene ad esso, ne è funzionale.
Ma l’arte? La follia, che poi è arte, è il superamento di un sistema formale ed applica criteri al di fuori di esso ed assiomi inclusivi,
è Metamorfosi e Sopravvivenza, un sistema aperto includente. Non può avere dimostrazione in sé stessa ma in qualcos’altro al di fuori di sé.